L'alimentazione dello sportivo: i consigli della nutrizionista

Non esistono alimenti "magici" che migliorano la prestazione sportiva: esiste, piuttosto, un corretto stile alimentare da seguire nel quotidiano


La prima cosa da tenere a mente è che non esistono alimenti "magici" che migliorano la prestazione sportiva: esiste, piuttosto, un corretto stile alimentare, vario e bilanciato, da seguire nel quotidiano. Una dieta sana, con il giusto apporto di carboidrati, proteine e grassi, è la premessa fondamentale per garantire al tuo organismo l'energia di cui ha bisogno per svolgere al meglio l'esercizio fisico.
Sono necessari 5 pasti al giorno, evitando un digiuno di più di 4-5 ore consecutive. Inoltre, bisogna consumare 3 porzioni di verdura e 2 porzioni di frutta al giorno per assicurare al corpo il giusto apporto di vitamine e minerali.



Ricordarsi, inoltre, di bere 2 bicchieri di acqua naturale.

Prima di svolgere attività fisica occorre consumare carboidrati integrali e a basso indice glicemico: è importante, infatti, riempire i depositi di glicogeno senza aumentare troppo l'insulina.

Prima di una competizione, inoltre, è bene evitare cibi molto stagionati, carne e grassi in quanto hanno tempi di digestione lunghi e possono provocare pesantezza.

Mentre ci si allena bisogna prestare attenzione a mantenere buono il livello di idratazione e di zuccheri semplici nel corpo. Dopo lo svolgimento dell'attività è bene reintegrare i sali minerali e assumere alimenti proteici abbinati a carboidrati in modo tale da ricostruire il glicogeno muscolare.

Il potenziale anti-aging delle diete a restrizione calorica
I limiti delle evidenze nell'essere umano

A tutto questo si aggiunge l'enorme variabilità dell'ambiente in cui vive l'essere umano rispetto a quella degli animali di laboratorio, potenzialmente (e verosimilmente) in grado di influenzare le risposte alle diete, così come la maggior difficoltà di controllare la composizione nutrizionale del suo cibo, ricordano gli autori. Questo a sottolineare che, anche a voler prendere per buoni i risultati più incoraggianti, ci sono dei limiti alla traslabilità dei risultati osservati nei modelli animali nell'essere umano, in cui condurre studi controllati è senza dubbio più difficile.



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